Dopo il Chelsea, un altro club londinese permetterà ai propri sostenitori di assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione. Il Tottenham ha annunciato di voler istituire un comitato consultivo composto da rappresentanti della propria tifoseria, per quanto tale decisione non abbia accolto i favori da parte del supporters trust del club. I motivi dietro a tale contrasto stanno nella presenza del Tottenham tre i dodici fondatori della Superlega, per quanto (così come le altre inglesi coinvolte) il dietrofront sia stato praticamente immediato. In linea con le proteste dei tifosi nel resto della Gran Bretagna, anche i sostenitori degli Spurs chiedono le dimissioni dei consiglieri attuali, prima di poter avviare ogni tipo di dialogo con la proprietà. Una condizione che il Tottenham, al momento, respinge fermamente, pur aprendo le porte del proprio Cda ai tifosi (solo come rappresentanza, senza potere di voto).
“Abbiamo visto i tifosi di tutto il mondo riunirsi per mostrare la forza dei loro sentimenti riguardo il futuro del gioco – si legge nella nota del club – con forti opinioni espresse sulla proposta di istituire una nuova Superlega Europea. È importante sottolineare che siamo entrati nella Superlega con l’aspettativa che il format, le regole e le strutture si evolvessero attraverso il dialogo con le parti, vale a dire Premier League, FA, Uefa, Fifa e, soprattutto, i tifosi. Avremmo dovuto riconsiderare il sistema di accesso annuale. Ci rammarichiamo di cuore per aver coinvolto il club e che il processo legale stesso non ci abbia consentito di consultare i nostri tifosi in anticipo. Ci scusiamo senza riserve. Abbiamo tutti imparato le lezioni dagli eventi recenti e abbiamo considerato prioritario il coinvolgimento dei tifosi. Di conseguenza, saremo in contatto con le principali parti interessate e istituiremo un Club Advisory Panel, composto da rappresentanti eletti dai diversi gruppi della nostra tifoseria, che possano riflettere la diversità dei nostri tifosi. Il presidente di questo comitato sarà nominato annualmente come membro non esecutivo del Cda”.
Il Tottenham si rammarica inoltre del fatto che il board del Tottenham Hotspur Supporters’ Trust (Thst) non abbia voluto incontrare il club, richiedendo le dimissioni del consiglio direttivo a causa di quanto avvenuto con la Superlega. L’associazione che si occupa dell’azionariato popolare tra i sostenitori del Tottenham, a sua volta, ha risposto con un comunicato: “Thst ha preso atto con interesse dell’ultimo annuncio del club. La tempistica è stata una sorpresa, poiché eravamo ancora impegnati in una mediazione indipendente per realizzare un incontro tra il Trust e il club, attivata da Thst dopo il ripetuto rifiuto del club di specificare i termini per una riunione. Alla fine, tre settimane dopo il crollo della Superlega e più di due settimane dopo tutte le altre società, il club si è scusato senza riserve. Meglio scusarsi tardi, comunque, che mai. Più importante è l’accettazione da parte del board del club di misure che chiediamo da alcuni anni, presentate nel nostro piano in sei punti. È fondamentale che il Club Advisory Panel abbia il sostegno dei tifosi, incluso il Trust, se vuole essere un veicolo credibile per la loro rappresentazione. Siamo molto disponibili a incontrare il club per discutere i meccanismi di un’autentica rappresentanza dei sostenitori nel consiglio di amministrazione. Ciò che non può non essere discusso è la decisione del club di pubblicare una dichiarazione che travisa la posizione e attacca un’organizzazione di tifosi volontari, nel momento in cui il club sta affrontando critiche sostenute sul suo rapporto con gli stessi per le proprie politiche decisionali”.
Al Chelsea è andata meglio. Il club di Roman Abramovich ha annunciato per primo di voler aprire le porte ai tifosi, a partire dal 1° luglio, con la nomina di tre advisor eletti dagli stessi sostenitori. In questo caso, il supporters trust del Chelsea ha espresso parere favorevole alla mediazione col club, rivendicando tale risultato come un proprio obiettivo. Nel caso dei blues, però, la presenza dei tifosi ha tutto un altro peso rispetto alle altre “big six” inglesi: la proprietà di Stamford Bridge è della non-profit Chelsea Pitch Owners, una compagnia le cui quote sono detenute da circa 13 mila tifosi in tutto il mondo, diversi dei quali legati ai Blues in quanto ex calciatori o allenatori. Questa società ha rilevato la proprietà dello stadio nel 1997, così come il nome Chelsea Fc, concesso in leasing al club la condizione di giocare le partite casalinghe nell’impianto attuale.