Carpi e Frosinone hanno il diritto di festeggiare a pieno titolo le promozioni in Serie A. Successi sportivi di società, quella emiliana di Stefano Bonacini (proprietario della casa d’abbigliamento Gaudì) e quella laziale di Maurizio Stirpe (già presidente di Confindustria Lazio, che opera nel settore della componentistica per auto, moto ed elettrodomestici), capaci di costruire un progetto e di perseguirlo con le proprie risorse e con l’appoggio delle loro appassionate tifoserie. Allo stesso modo di come ha fatto la Juventus in questi anni oppure la famiglia Pozzo che ha appena condotto il Watford nella Premier inglese. Esempi vincenti di un calcio italiano i cui cronici problemi non dipendono certo dal ridotto bacino d’utenza dei club che assurgono al massimo campionato, semmai dalle ridotte capacità manageriali di gran parte di una classe dirigente che non perde mai occasione di dimostrare la propria inadeguatezza. In Inghilterra nessuno ha sollevato obiezioni, quando nella stagione 2014/15, in Premier è salito il Burnley, cittadina del Lancashire che ha lo stesso numero di abitanti di Carpi (circa 70mila). E in Spagna molti meno ne conta l’Eibar, club della Liga espressione di una città che, con 27mila residenti, ha una densità minore di Frosinone (47mila). In Bundesliga addirittura l’Hoffenheim, prende il nome da una frazione di 3.263 anime della città di Sinsheim.
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