Anche le favole costano. Il Leicester campione d’Inghilterra, fresco di qualificazione ai quarti di finale di Champions League, ha chiuso l’ultimo esercizio con un utile di 16,4 milioni di sterline (circa 18,8 milioni di euro). Risultato positivo per il club di Vichai Srivaddhanaprabha, ma con un utile in calo rispetto all’esercizio precedente: nella stagione chiusa con una salvezza all’ultima giornata, infatti, il bilancio delle Foxes si chiuse con un utile di 26,4 milioni di sterline. Questo perché, a fronte di un aumento dei ricavi di circa 27,8 milioni di euro, il Leicester ha dovuto fronteggiare un aumento dei costi di 42,6 milioni. Gli stipendi del personale tesserato, in particolare, hanno subito un’impennata da 49,1 milioni di sterline (56,3 milioni di euro) a 68,8 milioni (pari a 78,8 milioni in euro). Tra le cause principali di questo aumento, i rinnovi dei contratti fatti a stagione in corso agli elementi cardine della scalata verso la vetta del calcio inglese.
Le tredici posizioni di differenza in classifica rispetto alla stagione 2014/15 hanno portato ad un prevedibile exploit nei ricavi televisivi. Dai 72,4 milioni di sterline (82,9 milioni di euro) del primo anno in Premier League ai 94,7 milioni (108,5 milioni di euro) dell’ultima stagione, è praticamente qui l’intera differenza tra tutti i ricavi. Altro dato in aumento quello sui ricavi commerciali: da 4,3 milioni di sterline (poco meno di cinque milioni di euro) a 7,2 milioni (circa 8,3 in euro). In leggero calo i proventi da sponsorizzazioni e pubblicità (16,5 milioni di euro, circa ottocento mila euro in meno) e dal botteghino: 13,2 milioni di euro contro i 13,4 milioni di un anno prima, a dispetto di un aumento degli spettatori in campionato da una media di 31.693 paganti e 32.021 a partita.