Come promesso in campagna elettorale, il presidente della Fifa Gianni Infantino vara dunque la Coppa del Mondo extra-large. Dal 2026 potranno calcare il più ambito palcoscenico sportivo planetario, 16 squadre in più rispetto all’attuale regolamento (le finaliste saranno 48 anziché 32).
La riforma approvata ieri dal Consiglio della Fifa riunito a Zurigo appare per molti aspetti ineluttabile nel calcio globale del XXI secolo. Ma la sua rilevanza è soprattutto industriale e geopolitica. Il nuovo format “ecumenico”, infatti, permetterà praticamente a quasi una Federazione su quattro (sulle 211 aderenti alla Fifa) di disputare il Mondiale. Sul piano sportivo, quindi, è immaginabile che la competizione ne trarrà un beneficio limitato.
Sul piano economico, al contrario, le ricadute saranno importanti. La Fifa ritiene che la nuova manifestazione permetterà di incrementare fino a 4,1 miliardi di dollari (3,95 miliardi di euro) i ricavi, contro i 3,5 miliardi stimati per la Coppa del Mondo in Russia nel 2018. In particolare, i ricavi da diritti tv crescerebbero fino a 505 milioni, mentre quelli da marketing salirebbero a 370 milioni. Nel complesso, il formato con 16 gruppi da 3 squadre (di cui le prime due si qualificherebbero per gli ottavi), genererebbe entrate maggiori per 640 milioni rispetto alle previsioni per l’edizione russa. Mentre i costi connessi all’aumento del numero di squadre e partite (80 contro le 64) salirebbero di soli 325 milioni di dollari.
D’altro canto, con il Mondiale extra-large la Fifa potenzia ancora di più il suo ruolo di “Onu-ombra”. Infantino, in quest’ottica, si sta dimostrando un ottimo diplomatico. Da un lato prosegue la politica di Joao Havelange e di Sepp Blatter di ampliare la giurisdizione della Fifa a vantaggio delle Federazioni minori (una delle ultime Federazioni a essere ammesse dall’organizzazione che governa il calcio mondiale è stata quella del Kosovo, ma altre già bussano alla porta). A queste ultime la dirigenza della Fifa (ottenendone la benevolenza elettorale) garantisce oggi più soldi, la speranza di giocare il Mondiale (distribuendo i posti in più nella varie Confederazioni territoriali) e, di fatto, una legittimazione più rapida e trasversale di quella elargita nei consessi politici internazionali.
Sempre sul piano geopolitico Infantino poi accontenta con un Mondiale nuovo di zecca e più remunerativo coloro che hanno guidato la battaglia contro il vecchio sistema di potere di Blatter. A partire dagli Stati Uniti. La prima edizione del Mondiale a 48 dovrebbe essere ospitata proprio in Nordamerica, vista la candidatura avanzata poche ore dopo il voto del Consiglio Fifa dal canadese Victor Montagliani, presidente della Concacaf (America del Nord, centrale e Caraibi). «Il Canada comincerà rapidamente le discussioni con Stati Uniti e Messico per capire se possiamo presentare una candidatura congiunta». Una soluzione che potrebbe anche trovare d’accordo il neo-presidente Usa Donald Trump inducendolo a rivedere l’idea di innalzare muri alla frontiera messicana. Senza dimenticare poi l’autostrada che il nuovo format con più squadre apre alla Cina sia per poter partecipare a un mondiale che per potersi accaparrare l’edizione del 2030.
(articolo pubblicato sul Sole 24 Ore dell’11 gennaio 2017)