Calciomercato e procuratori nel mirino del fisco

 

Calciomercato sotto la lente del Fisco. Il direttore dell'agenzia delle Entrate, Attilio Befera, e i presidenti della Lega, Maurizio Beretta, e della Federcalcio, Giancarlo Abete, hanno deciso di avviare un tavolo tecnico allo scopo di appurare le modalità di tassazione dei cosiddetti "diritti di compartecipazione".
L'impressione, però, è che la partita tra Fisco e Figc sia appena cominciata e che le questioni aperte siano molte di più. Si tratta spesso, peraltro, di prassi consolidate anche in virtù dei suggerimenti contabili forniti dalla Covisoc (Commissione di vigilanza della società di calcio), come per l'Irap non versata dai club sulle plusvalenze e pretesa dalle Entrate.

Agenzia e Figc ormai da alcuni anni hanno stipulato accordi per garantire la regolarità dei campionati attraverso lo scambio di informazioni utili a rafforzare l'attività di controllo fiscale sulle società sportive professionistiche. Un'alleanza confermata fino al 28 febbraio 2013. Questa moral suasion del Fisco, tuttavia, non comporta una copertura dalle verifiche tributarie come è accaduto anche di recente per il trattamento fiscale degli emolumenti a manager e procuratori. Molti club, infatti, stipendiano stabilmente gli intermediari, anche dopo la conclusione degli affari, per una serie di servizi prestati dagli stessi ai giocatori che assistono, come ad esempio l'attività "personalizzata" di ufficio stampa o di tutela legale. Per il Fisco, però, in questo "costo" supplementare sostenuto dalla società si anniderebbe una quota dell'ingaggio pattuito con gli atleti, equivalente a un fringe benefit. Versarlo al procuratore anzichè direttamente al giocatore permetterebbe alle società di risparmiare la quota di Irpef che, per consuetudine, si accollano elargendo ai calciatori compensi "netti".
Tra le prassi del calciomercato su cui il Fisco vuole vederci chiaro c'è ora quella di assicurare al club che vende – specie quando si tratta di giovani di prospettiva – un diritto di compartecipazione sulla rivalutazione dell'atleta. Si stabilisce, in altri termini, che la società che cede l'atleta avrà diritto a percepire una certa percentuale dal maggior "valore" raggiunto dal giocatore dopo un anno o un periodo più lungo. Questo indipendentemente da situazioni di formale comproprietà e di eventuali plusvalenze realizzate rivendendo il cartellino a un prezzo maggiorato.
Il diritto di compartecipazione riguarda, dunque, l'apprezzamento, anche potenziale, del giocatore che nel frattempo, magari, ha esordito in serie A o ha maturato un certo numero di presenze nella massima serie.
Questo maggior valore è considerato dalla Figc esente da Iva. E trattandosi di importi, talvolta milionari, tassabili teoricamente al 21%, non è un risparmio da poco. Ma per l'agenzia delle Entrate, che non intende accanirsi sui già fragili equilibri economici del calcio tricolore, questa soluzione non è così pacifica.
Prima di arrivare ad accertamenti veri e propri nei confronti delle società con cui sono in atto "schermaglie" su questo tema – sembra sia stata la Lazio di Claudio Lotito a sollevare per prima il caso – si cercherà di trovare un compromesso. Prima di tutto, andrà chiarita qual è la natura giuridica del diritto di compartecipazione. Se si trattasse di un'associazione in partecipazione allora si sarebbe fuori dal campo dell'Iva. Se invece venisse considerato come un'"obbligo di fare" l'Iva sarebbe applicabile, mentre qualora fosse configurabile come una sorta di contratto derivato, l'incremento di valore andrebbe sì fatturato ma l'Iva non si pagherebbe, essendo i rapporti finanziari, come questo, in regime di esenzione.

Dal Sole 24 Ore del 29 gennaio 2012