Arrivano nuovi sviluppi nella querelle tra la Uefa (e la Fifa) e i fondi di investimento per le cosiddette Tpo, third party ownerships. Doyen Group, uno dei fondi di investimento più influenti nel mondo del calcio, ha infatti siglato pochi mesi fa un’intesa col Twente, squadra della Eredivisie, il massimo campionato olandese. Dopo un primo stop della KNVB, la federcalcio dei Paesi Bassi, sembra ora giungere il via libera, in quanto il contratto tra Doyen e Twente non costituirebbe una “comproprietà con terza parte”.
Il gruppo Doyen aveva comunicato a giugno di aver raggiunto un accordo commerciale col Twente mettendo nelle casse del club di Enschede una cifra di circa cinque milioni di euro. In cambio, parte dei diritti sulla cessione dei giocatori del Twente è passata a Doyen, tra cui quelli su Tadic e Promes, poi venduti nel corso della finestra estiva di calciomercato. L’accordo ha suscitato non poche polemiche all’interno degli ambienti della federcalcio olandese che ha aperto un’inchiesta per controllare che gli accordi tra le parti fossero stati presi secondo i regolamenti sui finanziamenti esterni. La risposta definitiva è arrivata nei giorni scorsi dal portavoce della KNVB: “È importante distinguere tra le TPO e altre strutture di finanziamento. Nella prima c’è o è come se ci fosse una comproprietà di un giocatore con una terza parte. La KNVB si oppone a questa tipologia di accordi, che sono vietati nei Paesi Bassi. Dal nostro punto non è la stessa cosa per differenti forme di finanziamento che però dovrebbero essere soggette a condizioni rigorose”.
L’Olanda dunque potrebbe fare da apripista a Doyen e agli altri fondi di investimento in tutta Europa. Doyen, Asset Management Ltd e FairPlay Capital Sicav SA d’altro canto hanno annunciato a settembre di aver trovato un accordo con la LFP, la federcalcio francese, mentre emissari di Doyen hanno ammesso in passato di voler tentare l’ingresso in Premier League e in Serie A.
Già da tempo in effetti si parla di nuove iniziative per non incorrere nel divieto annunciato dalla Uefa, e di recente anche dalla Fifa, sulle TPO. L’eventuale divieto di acquisto di quote del cartellino da parte di investitori diversi dai club (le classiche Tpo insomma) potrebbe cadere nel vuoto poichè i fondi si stanno già riposizionando su altri modelli di business: dall’acquisto di club satellite di terza e quarta fascia dai quali fra transitare i giocatori da vendere, anche fittiziamente, all’elaborazione di forme di prestiti ai club (più o meno strutturati e complessi dal punto vi vista giuridico/finanziario) per consentire alle società prive di grossi budget l’acquisto di giocatori da valorizzare. Le “Tpo 2.0” sono la nuova realtà con cui fare i conti.